Un progetto del 2018

Capsule antigelo per i clochard: l’idea inglese sbarca in Toscana

L’associazione toscana Sheep l’ha riproposto con l'aiuto di scout e studenti. "All’interno si sta caldi e sicuri"

Capsule antigelo per i clochard: l’idea inglese sbarca in Toscana

“Piccola capsula, grande protezione”. Il motto dell’ong inglese “Sleep pod” condensa in quattro parole un progetto tanto semplice quanto ambizioso: fornire ai senza dimora un riparo per dormire in strada durante le notti invernali. Non la soluzione del problema, ma più realisticamente uno “scudo” d’emergenza per non morire letteralmente di freddo.

L’idea è venuta a tre amici volontari che, dopo anni di servizio nei campi per rifugiati di mezza Europa, si sono chiesti cosa avrebbero potuto fare per chi non ha nemmeno un tetto sotto cui ripararsi. Ed ecco l’idea: una sorta di sacco a pelo a tre lati dentro cui chiudersi, fatto di materiale isolante e impermeabile, che si monta e si smonta in 20 secondi, riutilizzabile ma non durevole. Perché dormire sotto un portico non sia una condizione definitiva, ma solo una parentesi da sopportare con dignitosa fatica.

L’arrivo del progetto in Italia, a Firenze

Il primo prototipo, fatto nel garage di casa, risale al 2018: da allora quelli di “Sleep pod” hanno distribuito 15 mila capsule anti gelo non solo in Inghilterra, ma anche in Francia, Germania, Portogallo e Italia, dove il progetto è stato sposato dall’associazione toscana Sheep, che già si era distinta per la produzione di coperte di lana fatte a mano appositamente per i clochard, in segno di rispetto e cura.
“Tre anni fa ci siamo guardati attorno in cerca di soluzioni efficaci per l’inverno – spiega Anna Tarocchi, responsabile del progetto italiano -, e abbiamo scoperto l’iniziativa inglese. Abbiamo ordinato 70 pod e abbiamo iniziato a distribuirli in alcune città. Poi abbiamo iniziato a costruirceli da soli: in tre anni ne abbiamo consegnati circa 200. A inizio novembre li abbiamo donati a Piacenza, che segue le esperienze già avviate con successo a Bologna, Milano e Roma tra le altre. Ci sono sempre più Comuni e enti caritatevoli interessati, perché le capsule funzionano bene. Anche a -6 gradi, garantiscono una temperatura interna di 22 gradi. Con diversi vantaggi: al mattino l’utilizzatore ripiega il suo giaciglio e se lo porta via in un comodo sacchetto, senza lasciare cartoni in giro. A fine inverno vengono smaltiti, perché si auspica che per quello successivo si sia trovata una sistemazione dignitosa“.
Un approccio volutamente provvisorio, diverso da quello adottato ad esempio a Ulm, in Germania, dove l’amministrazione locale ha installato delle vere e proprie micro casette. A Guernesey, nel Canale della Manica, sono stati realizzati due ripari dotati anche di bagno chimico e di presa per ricaricare il telefono. Esperimenti simili sono spuntati anche in America e Nuova Zelanda, tra consensi e qualche scetticismo. A Merano un paio d’anni fa un professore universitario aveva invece lanciato una casa mobile a pedali, facile da spostare e sostenibile, perché realizzata con materiali riciclabili. «I tedeschi hanno persino installato pannelli fotovoltaici sopra i loro ripari, ma da noi per adottare un piano di strutture fisse servono scelte politiche precise e coraggiose – prosegue Tarocchi -. Noi intanto pensiamo a tamponare l’emergenza. Come il progetto inglese, con una variante però: i nostri pod non sono neri ma verdi, e recano tutti una frase scelta dai volontari che li hanno realizzati».
Messaggi che sono spunti di riflessione, indirizzati a chi passa per strada. Ecco allora che leggere “Questa è una casa?” può aiutare a incrinare il guscio di indifferenza. Le cellette portatili servono infatti a scaldare i senza dimora, ma anche a scongelare l’attenzione verso di loro., ad “aprire gli occhi” su chi spesso non riesce nemmeno a chiuderli per il gelo che punge. Nella sua azione Sheep si fa aiutare anche da scout, giovani dell’Azione cattolica, semplici studenti, che in un’ora e mezza costruiscono il loro pod e scelgono il pensiero da appiccicarci sopra. “Non tutti i rifugi sono di guerra” è stato ad esempio lo slogan messo a punto da un gruppo di “lupetti”. A Barberino del Mugello le capsule saranno invece realizzate dai ragazzi iscritti al catechismo.
“Sono gesti solidali di grande impatto – conclude Tarocchi -. Lo abbiamo compreso bene l’anno scorso a Trieste, in Piazza del mondo (piazza della Libertà, ndr), dove abbiamo distribuito i pod a un gruppo di pakistani che erano appena arrivati seguendo la rotta balcanica. Una famiglia si è avvicinata e ce li ha chiesti subito. E ancora, a Verona, un migrante ci ha ringraziato dicendo: questa è la mia prima casa in Italia”. Sperando che presto ne arrivi una vera.