"Impugnata al 99%"

Meloni verso il ricorso contro la legge toscana sul suicidio assistito

Ma un pezzo del governo teme l’effetto boomerang

Meloni verso il ricorso contro la legge toscana sul suicidio assistito
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Il governo Meloni va verso l’impugnazione della legge approvata dal Consiglio regionale della Toscana sul suicidio medicalmente assistito.
"Lo farà al 99%", secondo il coordinatore toscano di Fratelli d’Italia Alessandro Tomasi. Ma non tutta la maggioranza di centrodestra, all’ombra di Palazzo Chigi, pare convinta che si tratti della mossa più giusta.
Secondo fonti romane, quel che a priori poteva sembrare scontato è oggetto in queste ore di valutazioni nei ministeri competenti, quello della Salute e quello degli Affari regionali. E proprio in quest’ultimo, guidato dal leghista Roberto Calderoli, sarebbero emerse perplessità rispetto al ricorso contro la Toscana, che potrebbe innescare un doppio effetto boomerang: se la Corte Costituzionale giudicasse compatibile la legge regionale si concretizzerebbe il pericolo di una corsa delle altre Regioni a legiferare, ciascuna alla sua maniera; ma anche se il governo vincesse il ricorso, la Corte Costituzionale riaprirebbe il fronte politico tornando a chiedere al Parlamento di legiferare.
La premier Giorgia Meloni "non ha ancora affrontato il tema con i suoi collaboratori", ma sarebbe orientata a seguire la scia tracciata dal suo partito, per cui "la legge va assolutamente impugnata".
"Non è competenza delle Regioni legiferare a riguardo", è venuto allo scoperto il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti di FdI. "Da 6 anni — ha aggiunto — il Parlamento non ha inteso legiferare, con maggioranze diverse da quella attuale. Se oggi la Regione Toscana a guida Pd sente di dover entrare, secondo me al di fuori della normativa vigente, con un suo provvedimento di legge, questa è una sconfessione dell’inerzia del Pd".
A dire il vero, a chiamare in causa Camera e Senato (oltre alla Consulta), è la stessa legge approvata martedì a Firenze: un emendamento di Enrico Sostegni (Pd), approvato in aula prima della votazione finale, chiedeva proprio questo impegno. Un pensiero che non è lontano dal ragionamento del portavoce dell’opposizione in Consiglio regionale, Marco Landi (Lega), che pur sulla sponda opposta — dopo aver votato no alla legge sul fine vita — dice che "ora c’è da sperare che il Parlamento legiferi facendo decadere questa norma, e lo faccia non prendendo ad esempio il caso toscano ma fissando paletti ben precisi, e soprattutto potenziando tutti gli strumenti, a partire dalle cure palliative che vedono la Toscana ancora indietro, per garantire ai malati terminali di concludere il tragitto terreno con dignità e senza sofferenze insostenibili".
Il sindaco di Pistoia Tomasi ha completato il pensiero, auspicando che "il Parlamento si esprima trasversalmente su una legge tramite il voto segreto, che aiuterebbe a liberarsi dai condizionamenti e dai ricatti impliciti dei partiti".
Ma sono già dieci le proposte che riguardano il fine vita depositate in Parlamento in questa legislatura e poi perse nelle nebbie. Questo per spiegare come effettivamente i governi che si sono succeduti dal 2019, compreso questo, non abbiano considerato prioritario, o abbiano creduto molto scomodo, affrontare il tema per elaborare una norma completa.
Ora però il governo Meloni è a un bivio, perché impugnare la legge toscana non significa soltanto esporsi al rischio che la Consulta la validi; il ricorso comporterebbe infatti anche una scelta politica — si ragiona nei corridoi romani del centrodestra — riguardo all’indicazione di un modello alternativo a quello scelto dalla Toscana per regolare le procedure del suicidio assistito che la Consulta già sancisce come diritto. Non esattamente un passaggio semplice, che prevede interlocuzioni e mediazioni con mondi che sono molto vicini a Fratelli d’Italia e che sono già in trincea.
"Si possono fare tutte le leggi del mondo, ma togliersi la vita ed aiutare qualcuno a togliersela non sarà mai una cosa buona", ha detto ieri, mercoledì 12 febbraio, il vescovo di Pistoia e Pescia, Fausto Tardelli. Da subito accanto alla Cei e alle associazioni Pro Vita si è schierato il presidente dei senatori forzisti Maurizio Gasparri, che ha parlato di "norma disumana". Suscitando la replica del presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo: "Disumano è il voler continuare a ignorare la sofferenza di tante persone e di tanti cittadini".
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