Il delitto del 1968 a Signa

Mostro di Firenze, il Dna riapre il dossier della "pista sarda"

Il bimbo sfuggito all'omicidio era figlio di Vinci e non di Mele

Mostro di Firenze, il Dna riapre il dossier della "pista sarda"
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E' la prima pagina del noir, quella più lontana nel tempo. Tempo che - oggi con le nuove tecnologie a disposizione  degli investigatori - può riavvolgere il nastro del Mostro di Firenze, aprendo nuovi scenari sul primo duplice omicidio: quello dell'estate del 1968 a Signa, quando a finire sotto i colpi della Beretta calibro 22 furono Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco, freddati mentre erano appartati in auto. Per quel delitto venne condannato Stefano Mele, il marito della Locci con la quale aveva avuto un bambino: Natalino, che all'epoca dei fatti aveva 6 anni. C'era anche lui quel giorno ma riuscì miracolosamente a mettersi in salvo.

A distanza di 57 anni un accertamento genetico disposto dalla procura ha stabilito che il suo padre biologico non è il Mela ma Giovanni Vinci, finito nella cerchia della cosidetta pista sarda che nel 1982 portò all'arresto dei fratelli Francesco e Salvatore. Giovanni non è mai entrato nell'ichiesta

Da una indagine parallela nata nel 2018 riguardo all'ex legionario Giampiero Vigilanti (poi archiviata) portò i Carabinieri del Ros a prelevare due profili Dna. Il genetista si è servito anche della recente riesumazione di Francesco Vinci dal cimitero di Montelupo, mentre Salvatore risulta ancora latitante.

La prova genetica - affidata ad Ugo Ricci, genetista del caso Garlasco - potrebbe aiutare a rispondere ad una domanda: ovvero perché il killer di Signa ha risparmiato quel bambino? Natalino a cui è stata comunicata l'incredibile svolta, non ricorda nulla, nemmeno come fece a raggiungere quella notte una casa a due chilometri dall'auto dove giacievano le vittime uccisi da quella pistola che passando di mano dal 74 all''85 ammazzerà altre sette coppie.