A Prato esplode il caso del Convitto nazionale “Cicognini”, una delle istituzioni scolastiche più antiche e prestigiose della città. Con una disposizione interna, il Rettore ha deciso che fino alle vacanze di Natale del 2025 le convittrici e i convittori che non risiedono nella provincia di Prato o nelle vicine Pistoia e Firenze dovranno lasciare la struttura nei fine settimana per rientrare a casa.
Una scelta che, di fatto, riduce l’esperienza educativa e di comunità del convitto, trasformandone profondamente l’organizzazione.
Alla base della decisione non c’è una scelta pedagogica, ma una necessità gestionale: la grave carenza di personale educativo. Più volte il Rettore ha segnalato il problema al Ministero dell’Istruzione e agli enti locali – Comune, Provincia e Regione – ma, in assenza di risposte concrete, è stato costretto a intervenire in modo drastico, proprio mentre le iscrizioni al convitto continuano a crescere.
UIL Scuola RUA Toscana ha reagito con durezza, denunciando pubblicamente la situazione e chiedendo l’immediata revoca del provvedimento.
Secondo il sindacato si tratta di una misura unilaterale e penalizzante, che interrompe il percorso educativo e relazionale dei ragazzi e impone alle famiglie un’organizzazione più complessa. UIL parla di “abbandono istituzionale”, un segnale grave che rischia di trasformarsi in prassi anche in altre realtà simili.
Il sindacato sollecita un intervento urgente del direttore dell’ufficio scolastico regionale per garantire soluzioni transitorie, come l’integrazione immediata dell’organico educativo, ma avverte che il problema non riguarda soltanto Prato.
Il caso del “Cicognini” sarebbe infatti la punta di un iceberg che coinvolge convitti ed educandati in tutta Italia, strutture che svolgono una funzione formativa e sociale di grande rilievo e che senza un piano nazionale rischiano di vedere compromessa la loro stessa missione.