La storia di Claudia Nasca: «Ho l’alopecia da 24 anni ma non mi sento diversa»

La storia di Claudia Nasca: «Ho l’alopecia da 24 anni ma non mi sento diversa»
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Mettersi a nudo trovando il coraggio di essere sé stessi è quanto di più bello si possa fare nella vita, nonostante non sia così semplice dovendo vincere tutte le nostre paure. Mettersi a nudo, infatti, ci consente di ascoltare noi stessi, esplorare il nostro corpo, dare sfogo alle nostre insicurezze. Ci consente, in poche parole, di togliersi quella maschera che copre i nostri sentimenti e vivere la nostra vita pienamente, semplicemente per quello che siamo. Negli scorsi mesi a mettersi a nudo, dopo anni di sofferenze, è stata la lastrigiana Claudia Nasca, 31 anni, che attraverso “Parola di ribelle”, edito da Porto Seguro, ha affrontato tutta la sua vita, portandoci nel suo mondo e nella sua interiorità, dominata da tante sfaccettature e riflessioni, tra cui il rapporto con gli altri, l'accettazione di sé, il mondo del lavoro, i social ed il tempo.

«Fin da bambina – ha raccontato Claudia a BisenzioSette – ho dovuto affrontare la “bolla”, come l’ho chiamata nel mio libro, dell'alopecia areata poi diventata universale, ma non solo. Le “bolle” di cui parlo sono molteplici e tutti noi possiamo esserne inglobati senza nemmeno rendercene conto. Con “Parola di ribelle” ho cercato di offrire molti spunti di riflessione per raggiungere la pienezza della propria vita, grazie alla condivisione e al rispetto reciproco che sono, come sempre, alla base di tutto». Un libro importante, presentato giovedì scorso in Biblioteca, alla presenza della sindaca Angela Bagni che ricorda a tutti come la diversità non debba far paura, tanto meno essere motivo di scherno. «Come detto – ha spiegato – nel libro faccio riferimento a tutte le sensazioni vissute come quando mi sentivo dentro una “bolla” come se fossi imprigionata dentro determinate convenzioni sociali. Tra queste bolle, ovviamente, la prima riguarda la scoperta dell’alopecia. All’epoca avevo 8 anni quando mia madre una mattina trovò sul mi cuscino una ciocca consistente di capelli, il giorno dopo un’altra e quello dopo un’altra ancora. Cominciò così la mia alopecia, inizialmente areata che poi si è trasformata in universale con la completa perdita di tutti i capelli e dei peli del corpo».

Causata da un malfunzionamento immunitario, Claudia ha perso anche le ciglia e le sopracciglia vivendo sulla sua pelle l’angoscia di sentirsi diversa tra tanti uguali. «Ci sono voluti molti anni di accettazione – ha ammesso – ogni fase evolutiva ha presentato le sue difficoltà. Durante l’infanzia, ad esempio, mi ero chiusa nel mio mutismo, non parlavo della mia condizione con nessuno, nemmeno con miei familiari. Poi, con l’adolescenza, ci sono stati i primi incontri con l’altro sesso ed io mi sono rinchiusa nella mia bolla, indossando sempre una bandana o un turbante, non facendomi mai vedere da nessuno senza capelli. Questa condizione ha sempre prevalso nella mia vita: dai tuffi al mare, al pigiama party con le amiche, fino al passare davanti ad una finestra aperta in casa, col timore che qualcuno potesse vedermi». Quando tutti ci siamo rinchiusi in casa durante l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus, in Claudia è nato il desiderio, sempre più potente, di svelarsi, fino a condividere sui social una foto che la mettese a nudo, senza più indossare il turbante.

«Ho avvertito il desiderio di non nascondermi più dallo sguardo degli altri – ha ammesso – e da quel momento ho deciso di uscire di casa anche a testa nuda, soprattutto nel periodo estivo, oppure indossare, quando mi va, come ho sempre fatto, i miei colorati turbanti. Si tratta di una scelta che mi ha trasmesso grande serenità – ha affermato – facendomi comprendere quanto sia bello essere sé stessi. La reazione da parte delle persone è stata molto positiva ed in tanti mi hanno incoraggiata. Mi sono sentita invasa da una quantità di amore ed accoglienza che mi ha commossa». Ma nel libro non è solo questa la “bolla” affrontata. C’è, infatti, un’altra bolla nella quale Claudia si trova rinchiusa e riguarda quella che può essere definita come la malattia del secolo. E’ la bolla del tempo, della frenesia eccessiva che ci vede tutti correre durante le giornate, passando da un impegno all’altro, senza mai avere il tempo necessario per fare ciò che più amiamo o anche solo per annoiarsi e stimolare la creatività.

«Al riguardo – ha detto l’autrice – spero presto di poter trovare la mia strada e riuscire a ricavare un maggior connubio tra il tempo per me e quello dedicato alla professione». Nel libro Claudia ricorda quanto sia importante utilizzare le parole nella vita. Negli anni non sono mancate le offese per la sua testa senza capelli, tra chi l’additava come pelata o chi, addirittura, la irrideva in discoteca, gridando che fosse arrivata la terrorista direttamente dall’Islam. «Le parole – ha detto – sono delle armi, dobbiamo ri-educarci ed educare sempre di più i giovani alla scelta delle parole migliori da usare per evitare episodi di bullismo o anche gesti estremi». Solo oggi Claudia ha vinto la sua diversità. «Per molti anni, però, mi sono sentita tale – ha confessato – facevo finta di nulla, ho vissuto l’alopecia con indifferenza, non parlandone con nessuno, facendo finta che la “mia coinquilina” come la chiamavo, non abitasse il mio corpo». Una bolla finalmente infranta.

«Oggi non è più così - ha continuato – faccio parte dell’associazione “Italiana Pazienti Alopecia & Friends”, partecipo ai raduni promossi, parlo con gli adulti o con i più piccoli dell’alopecia e ricordo sempre che è necessario parlarne senza vergognarsi perché, in fin dei conti, non esiste nessuna vergogna dalla quale nascondersi». Il libro è nato come una vera e propria terapia ma attraverso le tante bolle della sua vita Claudia si è progressivamente resa conto che sollevava temi che potevano essere condivisi da tutti e che, attraverso le diverse fasi evolutive, potevano essere compresi da tante persone. «L’alopecia colpisce indistintamente sia le donne che gli uomini – ha ricordato – per le donne è molto impattante perché i capelli incidono fortemente sulla femminilità ma anche per gli uomini risulta molto complicato perché la disfunzione porta via lo sguardo, eliminando le ciglia e le sopracciglia. Si vive dunque un senso di vero smarrimento, di non riconoscimento davanti allo specchio». Ad oggi non si conoscono le cause che possono scatenare l’alopecia. La malattia è comunque autoimmune, cioè è dovuta al sistema immunitario che attacca le proprie cellule. In questo caso il sistema immunitario non riconosce i follicoli piliferi e li scambia come invasori, così li attacca per difesa, innescando inevitabilmente la caduta dei capelli. Convivere con questa malattia, insomma, è difficile, anche e soprattutto per l’aspetto psicologico: uscire a testa alta in una società che sembra ossessionata dalla bellezza, implica coraggio. Si tratta di una patologia che abbatte l’autostima e la sicurezza in sé stessi tanto da portare alla depressione o all’isolamento.

«Io mi sono liberata da questi incubi – ha detto - ho fatto scoppiare la mia “bolla” ed ora vivo la mia vita in modo pieno». Per il futuro tanti sono i progetti da realizzare. «Vorrei riuscire a cambiare lavoro – ha rivelato Claudia – e prendere l’attestato tecnico per animazione socio educativa per poter lavorare con bambini e ragazzi che hanno difficoltà a livello sociale, scolastico e familiare e poterli riportare nella dimensione reale attraverso il gioco e l’educazione». Giovedì scorso, al termine della presentazione del libro, anche la sindaca Angela Bagni ha voluto ringraziare personalmente la giovane lastrigiana. «Ringrazio davvero Claudia - ha commentato - per aver raccontato questa storia e per aver dato con questo libro un messaggio motivazionale per le donne ma in generale per tutti noi».

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