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Il Vernacoliere si ferma: Mario Cardinali annuncia la sospensione dopo 65 anni di satira “libera e irriverente”

Lo storico mensile livornese chiuderà le pubblicazioni dopo il numero di novembre. Il fondatore: “Nessuno è eterno, nemmeno Mario Cardinali. Ma la bandiera dell’irriverenza resta alta”

Il Vernacoliere si ferma: Mario Cardinali annuncia la sospensione dopo 65 anni di satira “libera e irriverente”

Dopo sessantacinque anni di battaglie a colpi di ironia, sarcasmo e toscanità pura, il Vernacoliere si ferma. Con una lettera che mescola umorismo, malinconia e lucidità, Mario Cardinali — fondatore, direttore e anima del giornale satirico livornese — ha annunciato che dopo il numero di novembre le pubblicazioni saranno sospese.

Non un addio definitivo, almeno nelle intenzioni, ma una pausa “in attesa di tempi migliori”.

La notizia è arrivata direttamente dalla Mario Cardinali Editore e segna la fine, o forse solo una trasformazione, di un pezzo di storia del giornalismo satirico italiano.

Il Vernacoliere, nato a Livorno negli anni Sessanta e diventato negli anni un’icona nazionale per la sua satira feroce e libertaria, ha resistito a tutto: alla censura, alle mode, ai governi di ogni colore. Ma non alla stanchezza del suo creatore — ormai prossimo ai novant’anni — e alla crisi profonda dell’editoria cartacea.

Una lunga lettera in pieno stile Vernacoliere

“Il cervello è ancora vispo, ma sottosotto ciondola, e anche un po’ soprasopra”, scrive Cardinali nella sua lettera ai collaboratori, spiegando con la consueta ironia la scelta di fermarsi. Nessuno è eterno, neanche Mario Cardinali”.

Dietro le righe, però, affiora anche l’amarezza per un mondo editoriale cambiato, dove — come lui stesso denuncia — “i giornali sono ridotti a bollettini di Stato o di partito” e la carta è ormai schiacciata da costi insostenibili e da una rete di edicole sempre più rare.

Il Vernacoliere ha sempre rifiutato ogni forma di finanziamento pubblico o pubblicità, vivendo unicamente grazie ai lettori. Una scelta di indipendenza totale, oggi difficile da sostenere in un mercato dove la satira “di pancia e di penna” fatica a trovare spazio tra algoritmi e social network.

Cardinali però non chiude la porta al futuro:

“Vediamo se dopo aver ripreso fiato ce la faremo una volta ancora”, scrive ai suoi collaboratori, salutandoli con un affettuoso “dolorem magnum” e un ringraziamento a chi, per decenni, ha mantenuto viva la “storica bandiera dell’irriverenza satirica”.

Con la sua uscita di scena si chiude un’epoca, non solo per Livorno ma per tutta la cultura popolare italiana.

Il Vernacoliere resta un simbolo di libertà di parola, di resistenza alla banalità e alla paura di ridere “scomodo”. E chissà che, come spesso accade con i grandi dissacratori, non trovi presto una nuova forma per continuare a dire, a modo suo, quello che gli altri non osano.