Esplosione al deposito Eni di Calenzano: nove indagati per il disastro del 9 dicembre 2024
La Procura sottolinea che l’esplosione avrebbe potuto essere evitata se fossero state rispettate le procedure di sicurezza

Nove indagati. E' questo emerge dalla Procura di Prato sull'esplosione al deposito Eni di Calenzano, in provincia di Firenze. Cinque i morti dalla quella tragedia e il ferimento di 28 lavoratori.
A seguito delle indagini, sono stati iscritti nel registro degli indagati nove persone, tra cui sette dirigenti di Eni spa e due rappresentanti della società appaltatrice Sergen. I reati ipotizzati vanno dall’omicidio colposo plurimo al disastro colposo, passando per le lesioni personali e la rimozione delle cautele infortunistiche.
Un bilancio tragico
Le vittime del disastro sono Davide Baronti, 49 anni, residente a Bientina; Gerardo Pepe, 45 anni, e Franco Cirelli, entrambi di Cirigliano, in provincia di Matera; Vincenzo Martinelli, 51 anni, di Prato; e Carmelo Corso, 57 anni, anch’egli di Prato. L’esplosione ha, inoltre, causato danni ingenti a strutture, mezzi e infrastrutture circostanti.
Le cause dell'esplosione: un errore grave e inescusabile
Secondo le indagini coordinate dal procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, il disastro è stato il risultato di gravi negligenze nella gestione della sicurezza. L’incidente sarebbe stato scatenato dalla presenza di fonti di innesco, in particolare il motore a scoppio di una piattaforma elevabile, che ha generato calore in un’area ad alto rischio mentre erano in corso simultaneamente operazioni di carico delle autobotti e attività di manutenzione.
L’indagine ha evidenziato che Eni aveva incaricato il raggruppamento temporaneo di imprese Sergen/Nolitalia di Viggiano (Potenza) di eseguire una modifica dell’impianto per convertire una linea di benzina dismessa alla fornitura di Hydrotreated Vegetable Oil (HVO), un biocarburante avanzato.
Durante i lavori, una flangia svitata ha causato la fuoriuscita di benzina a pressione, formando una nube di aerosol. Quando alle 10:21 del 9 dicembre si è attivata una pompa per il carico di benzina, il getto di carburante ha innescato l’esplosione.
Gli indagati e le responsabilità
Tra gli indagati figurano dirigenti di alto livello di Eni, tra cui Patrizia Boschetti, responsabile della struttura operativa del centro Eni di Roma, e Luigi Collurà, dirigente con delega alla sicurezza del deposito di Calenzano.
Sono coinvolti anche responsabili della manutenzione e della sicurezza dell’impianto, oltre ai vertici della Sergen, l’impresa esecutrice dei lavori. Eni spa, inoltre, è indagata per responsabilità amministrativa in relazione ai reati di omicidio e lesioni colpose.
Un incidente evitabile
La Procura sottolinea che l’esplosione avrebbe potuto essere evitata se fossero state rispettate le procedure di sicurezza. L’errore è definito “grave e inescusabile” in quanto le operazioni di carico non avrebbero dovuto svolgersi in concomitanza con i lavori di manutenzione.
Un elemento chiave dell’inchiesta è il fatto che Eni abbia permesso la prosecuzione del carico delle autobotti per non interrompere la produttività e mantenere i guadagni stimati per quella giornata, che si aggiravano intorno ai 255.000 euro.
Sicurezza o profitto?
Secondo il procuratore Tescaroli, il disastro è stato il risultato di una scelta aziendale volta a garantire la produttività a scapito della sicurezza. La pratica di svolgere simultaneamente attività di carico e manutenzione non sarebbe stata un caso isolato, ma una prassi comune in altri depositi Eni su scala nazionale. Questo aspetto potrebbe avere rilevanza nell’inchiesta, aprendo interrogativi sulla gestione della sicurezza in tutta la rete aziendale.
Il caso dell’esplosione di Calenzano rappresenta una delle più gravi tragedie industriali recenti in Italia e mette nuovamente in luce il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro, una questione che continua a causare vittime e a sollevare dubbi sulle responsabilità delle grandi aziende nel garantire la protezione dei lavoratori.