Fa uccidere il cane da un compagno di caccia, poi simula di averlo perso
La storia di Virgola e la condanna a 8 e 6 mesi per i due cacciatori di Arcidosso (Grosseto)
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Virgola, segugio maremmano, aveva una sola colpa, quella di non essere adatto, almeno secondo il suo proprietario, alla caccia al cinghiale.
Un “difetto”, ammesso che tale fosse, che il povero cane ha pagato con la vita, ucciso dal padrone e dal suo complice, un compagno di battuta, proprio perché non sapeva seguire le piste degli ungulati e veniva quindi considerato inutile.
Ora però sono i protagonisti di questa vicenda disumana a pagare il prezzo della loro crudeltà verso gli animali, condannati dal tribunale di Grosseto a otto e sei mesi di carcere.
Si dice “ammazzato come un cane” ed è una metafora che si adatta perfettamente alla storia di Virgola.
Che farsene, deve essersi domandato con rara insensibilità chi avrebbe dovuto custodirlo e nutrirlo, di un segugio che non sa scovare un cinghiale?
Ecco allora che si rivolge a un amico, appartenente alla stessa squadra di caccia ad Arcidosso, comune dell'Amiata grossetano: mi aiuti a liberarmene?
L'altro non ci pensa due volte ed accetta, per Virgola è la condanna a morte, eseguita nelle campagne del paese, con un solo colpo alla testa di un fucile da caccia.
È il 27 gennaio 2020, poi i due cercano di sbarazzarsi dell'animale gettando la carcassa in un dirupo, convinti che nessuno risalirà mai fino a loro. Anzi, per crearsi un alibi, il proprietario denuncia la sparizione del segugio, come se si fosse perso.
Non ha fatto i conti la crudelissima coppia con una terza persona che si imbatte nei resti del cane e avverte subito i forestali. Scatta così l'indagine che risale fino al padrone e al complice, protagonisti di quello che ormai è un vero e proprio reato.
Ci sono voluti quasi cinque anni di inchiesta e di processo, ma nei giorni scorsi il giudice monocratico grossetano ha finalmente emesso la sentenza: gli otto e sei mesi di condanna dei quali si diceva sopra, parte civile nel giudizio la Lega nazionale per la difesa del cane, che ora si dichiara soddisfatta ma non del tutto.
"È un segnale importante, ma la pena inflitta è ancora troppo lieve rispetto alla gravità del crimine commesso – dichiara Piera Rosati, presidente Lndc Animal Protection - sparare a un cane e buttarlo via come fosse un rifiuto è un atto di una crudeltà inaudita. Continueremo a batterci affinché la legge preveda pene più severe per chi si macchia di simili atrocità".
Un reato che ripugna alla sensibilità di oggi, commesso, sottolineano alla Lega per la difesa del cane, da due quarantenni, per i quali non vale neppure l'attenuante della “mentalità retrograda” dei più anziani.
Resta la morale, amara, di un caso come questo: "La vicenda di Virgola – spiega Piera Rosati - non è purtroppo un caso isolato. Molti cani impiegati nella caccia vengono ancora considerati strumenti di lavoro e, se ritenuti inadeguati, vengono eliminati senza scrupoli.
Serve accelerare la riforma della normativa sul maltrattamento e l’uccisione di animali, che siede in Parlamento da troppo tempo ormai, in modo che i colpevoli paghino davvero per le loro azioni".