Un commando arrivato apposta dalla Cina per uccidere un imprenditore rivale. Ma la vittima, Chang Meng Zhang, sopravvive, e la sua testimonianza diventa decisiva per smascherare gli aggressori. Si chiude così, con l’ultima condanna pronunciata dal tribunale di Prato, uno dei capitoli più violenti della cosiddetta guerra delle grucce, la faida tra gruppi imprenditoriali cinesi per il controllo della produzione di appendini per abiti.
A sette anni e sei mesi di reclusione è stato condannato Nengyin Fang, trentasei anni, ex soldato dell’esercito cinese. È il sesto componente della squadra che, il 6 luglio del 2024, fece irruzione nel circolo “Number One”, locale frequentato da cittadini cinesi nella zona ovest della città, per colpire Zhang.
L’imprenditore fu accerchiato, picchiato con bottiglie e pugni, e poi accoltellato più volte all’addome. Gravemente ferito, riuscì comunque a salvarsi dopo una serie di interventi chirurgici. Da quel momento iniziò a collaborare con la magistratura italiana, aiutando gli inquirenti a ricostruire i ruoli e i legami tra gli aggressori.
Secondo la procura, il gruppo — composto da uomini provenienti dalle regioni del Fujian e dello Zhejiang — era stato inviato in Italia per “proteggere con la violenza” gli interessi economici di un gruppo monopolista nel settore delle grucce.
Con la condanna di oggi, identica a quella già inflitta agli altri cinque componenti del commando, si chiude il capitolo sugli esecutori materiali dell’agguato. Ma la guerra delle grucce, tra affari, rivalità e vendette, continua a rimanere sotto la lente della procura di Prato.