Il Tribunale di Pisa (sede legale dell’Asl Toscana Nord Ovest) ha condannato a risarcire i genitori e la sorella del ragazzo per una sequela di errori durante la sua nascita con un risarcimento che sfiora i 4,5 milioni di euro con interessi e spese legali.
La vittima è ora ventenne
In particolare, i sanitari dell’ospedale di Liucca non si accorsero della sofferenza del feto e quando capirono che la situazione era grave ritardarono il parto avvenuto d’urgenza con un cesareo. Una doppia negligenza che segnò per sempre la vita del neonato, ora ventenne disabile gravissimo, costretto a vivere su una sedia a rotella senza la minima autonomia. Nel conto il giudice ha inserito anche un milione di euro come “danno emergente futuro, spese di assistenza medica e per la vita residua”.
La lesione cerebrale alla nascita
Gli effetti di quei comportamenti portarono il neonato a nascere con una grave lesione cerebrale dovuta all’asfissia subìta quando era ancora nel ventre materno. La diagnosi fu implacabile: tetraparesi spastica e grave ritardo mentale. Il ragazzo non parla, non scrive, risponde tramite tablet e si sposta su una sedia a rotelle che non manovra da solo. In Tribunale si sono esaminate le consulenze mediche per stabilire se e quanto gli errori hanno inciso nell’azzerare il futuro del neonato. L’esito è che sì, le negligenze ci sono state e gravissime.
“Nessuna auscultazione”
Il collegio peritale chiamato a pronunciarsi su come i sanitari avevano seguito la paziente è arrivato alla conclusione che “nell’arco temporale dalle 9 e fino alle 10, 40 i sanitari hanno omesso qualsiasi forma, anche “minimale” di sorveglianza del benessere del feto, la cui frequenza cardiaca non è stata monitorata né tramite auscultazione, né mediante tracciato cardiotocografico, in violazione delle linee guida applicabili al tempo dei fatti di causa”. Ciò, mentre in realtà i medici dovevano controllare la situazione dall’inizio della fase attiva del travaglio, attraverso l’auscultazione ogni 15-20 minuti, alla fine della contrazione.
“Sbagliati i tempi del cesareo”
Non solo la donna e il feto non vennero seguiti come la prassi avrebbe imposto. Quando i sanitari si accorsero che la situazione era seria decisero di procedere con il cesareo, ma in tempi non adeguati. Nessun imprevisto ha inciso sulla sorte del piccolo. Lo chiarisce il giudice: “È altamente probabile che il corretto adempimento della prestazione sanitaria avrebbe permesso di evidenziare in tempo utile la sofferenza fetale e di anticipare, quindi, l’intervento cesareo, eliminando o quantomeno riducendo gli effetti dell’ipossia che ha cagionato il grave danno celebrale del nascituro”, si legge nella sentenza.