Un processo lungo oltre un decennio

Martina Rossi, a 12 anni dalla morte, gli amici accusati chiedono scusa

All'epoca i due con le loro versioni avrebbero cercato di scagionare i responsabili Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi

Martina Rossi, a 12 anni dalla morte, gli amici accusati chiedono scusa

In aula hanno letto una lettera di scuse ai genitori di Martina Rossi, morta cadendo dal balcone di un hotel chilometri lontana da casa, cercando di sfuggire a un tentativo di stupro da quelli che considerava i suoi amici. Era il 2011 a Palma di Maiorca e quella vacanza si trasformò in tragedia.

Dopo 12 anni, il 13 aprile 2023, si è chiuso il processo per Federico Basetti ed Enrico D’Antonio, i trentenni accusati d’aver depistato le indagini sulla morte di Martina Rossi, la studentessa genovese morta, appunto, cadendo dal balcone di un hotel durante le vacanze alle Baleari il 3 agosto 2011, mentre fuggiva da un tentativo di stupro per cui sono stati condannati due amici di Basetti e D’Antonio, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

In aula si sono alzati e letto una lettera: “Siamo finiti in una cosa più grande di noi e siamo pentiti se abbiamo arrecato dolore ai familiari di Martina. In questi anni abbiamo a lungo pensato a quel che accadde e non abbiamo più nulla a che fare con le persone coinvolte nella tragedia”.

Un pugno nello stomaco quelle parole per i genitori Bruno Rossi e la moglie Franca Murialdi

Erano stati i genitori di Martina, Bruno e Franca Rossi, a chiedere che i due chiedessero scusa davanti a loro. “Vorremmo che sapeste che anche per noi questa tragedia è stata ed è un macigno del quale non ci libereremo mai nonostante sia solo un sassolino rispetto a quello che grava sui vostri cuori”, scrissero i due giovani nella lettera fatta pervenire un anno fa ai genitori della studentessa. Enrico e Federico non erano in quella camera, ma si intrattenevano con le amiche di Martina.

Ma quelle parole oggi suonano lontane.

“La nostra è una giustizia di classe – ha detto Bruno, il papà di Martina – Solo chi ha i soldi non finisce in galera. È stata una udienza tragica ma anche commovente. I due ragazzi continuavano a leggere le loro scuse che avevano già scritto la volta prima. Ma io dopo un po’ ho detto loro di andare oltre, di parlare senza leggere. E allora hanno chiesto davvero scusa. Ma la freddezza da parte nostra è stata totale. Anche gli altri due dopo 11 anni continuano a dirsi innocenti. Sono solo desiderosi di non scontare la pena”.