Il caso Bonino
Morti in corsia a Piombino, le motivazioni della condanna dell'infermiera
Depositate le 140 pagine della Cassazione: "Senza movente"

Pubblicato:
Depositate le 140 pagine della Cassazione: "Senza movente"
L’assenza del movente, confermata dall’appello-bis, non è bastata a cambiare gli esiti dell’ergastolo. E' quanto emerge dalle motivazioni della Corte di Cassazione che ha condannato in via definitiva Fausta Bonino, l'infermiera dell'ospedale Villamarina di Piombino al centro dell'inchiesta per le morti sospette in corsia. Sul verdetto finale i giudici scrivono «gli elementi concreti emersi e valutati si sono dimostrati di consistenza tale da non condurre a una conclusione certa sull’individuazione di un chiaro movente delle condotte delittuose poste in essere dalla Bonino – si legge – In appello si evidenzia la forte depressione mal curata, l’epilessia, il vissuto familiare non armonico e i dissidi con il marito intenzionalmente occultati agli inquirenti, l’ evidenziata componente caratteriale, il disagio nel lavorare nel reparto di terapia intensiva, la tendenza alla menzogna e alla falsa ricostruzione degli accadimenti, l’atteggiamento palesato di fronte ai decessi dei pazienti)”, tali elementi “non consentono di far emergere, con certezza processuale, un movente esclusivo delle azioni omicidiarie”. E si aggiunge: “ciò non significa che in un processo indiziario la mancanza di un movente porta necessariamente all’esclusione della responsabilità dell’imputato”.
Le 140 pagine con cui la Corte Suprema motiva il verdetto, pongono fine ad una travagliata vicenda giudiziaria iniziata 11 anni fa.