Prato, mafia della prostituzione: sei arresti dopo intimidazioni mafiose e guerra tra clan cinesi
Le accuse sono gravissime: tentata estorsione e sfruttamento della prostituzione, anche con riferimento a donne giapponesi
Una bara con la foto della vittima e un’auto fatta esplodere. Sono questi i segnali eclatanti con cui un’organizzazione criminale cinese ha scelto di lanciare il proprio messaggio di dominio sul mercato della prostituzione pratese. A distanza di otto mesi dai fatti ci sono sei arresti.
Una guerra per il controllo della prostituzione
Era il 1° ottobre 2024, poco prima della mezzanotte, quando un’esplosione squarciava il silenzio di viale della Repubblica a Prato. Un’auto, una Hyundai intestata a un cittadino cinese Hui Chen, veniva distrutta da un incendio doloso. A poche ore di distanza, un altro segnale inquietante: una bara di legno con la foto dello stesso Chen collocata davanti all’ingresso dell’albergo in cui soggiornava, il Wall Art ApartmentHotel. Una messa in scena dal chiaro messaggio mafioso, come riconosciuto dallo stesso giudice.
Secondo gli inquirenti, l’azione intimidatoria si inserisce nella lotta interna tra due fazioni rivali della criminalità cinese, in contesa per il controllo del redditizio mercato della prostituzione orientale nella provincia di Prato.

Hui Chen – formalmente titolare di una pelletteria, ma già coinvolto in attività di sfruttamento della prostituzione – era il “padrone” storico della piazza. Ma un suo ex sottoposto, Haije Hu, detto “Cris”, ha deciso di rompere l’alleanza e fondare un proprio gruppo, scatenando la guerra.
Sei arresti, coinvolte anche altre etnie
Le ordinanze di custodia cautelare colpiscono sei persone: tre cittadini cinesi, tra cui lo stesso Hu (35 anni), un italiano di origini calabresi (36 anni) e un pakistano (48 anni). Le accuse sono gravissime: tentata estorsione e sfruttamento della prostituzione, anche con riferimento a donne giapponesi.
Particolarmente significativo, spiegano gli inquirenti, è l’inquietante salto di qualità dell’organizzazione.

I gruppi cinesi, un tempo chiusi e auto-referenti, hanno stretto alleanze criminali con soggetti italiani e pakistani, riconosciuti come validi collaboratori nelle attività logistiche e operative. È il segno di una criminalità transnazionale sempre più radicata, capace di replicare modelli mafiosi e di coordinare azioni violente con estrema efficienza.
Un’indagine complessa, tra omertà e intercettazioni
Determinanti per le indagini sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali condotte dalla Squadra Mobile di Prato. Nonostante le evidenti reticenze di Hui Chen – definito dagli investigatori come “omertoso” e poco collaborativo – il quadro accusatorio si è consolidato, fino ad arrivare ai provvedimenti odierni.
Il procedimento è ancora in corso.