La "vendicatrice"

Prato, revenge porn e stalking: condannata una donna

Adescava online uomini infedeli e, con l’aiuto del figlio, contattava le compagne. Aveva anche pedinato una coppia

Prato, revenge porn e stalking: condannata una donna

Una donna di 55 anni mette nel mirino un uomo sconosciuto, un trentenne: lo adesca sui social con un profilo falso, scambia messaggi erotici con lui e infine manda tutto il materiale alla compagna dell’uomo, alle loro famiglie, ai loro amici e colleghi

Si è fatta aiutare dal figlio quasi trentenne, assieme al quale ha architettato il piano e ha persino pedinato l’uomo in più occasioni, così da accumulare materiale fotografico che provasse la tesi della sua infedeltà

I precedenti

Già in passato la donna era stata segnalata, stavolta però è arrivata la condanna del tribunale di Prato: revenge porn, diffamazione, stalking e sostituzione di persona, per una pena totale di due anni e quattro mesi nella sentenza di primo grado. Assieme a lei, per gli ultimi due reati, è stato condannato a un anno e otto mesi anche il suo complice, il figlio, che confezionava i falsi profili social.

Sexting

L’episodio che ha portato la donna a processo è cominciato nel febbraio 2020, quando un pratese di circa trent’anni riceve una richiesta di amicizia da una ragazza via Instagram. Da lì cominciano inizia un flirt virtuale con scambio di messaggi, foto o video a sfondo sessuale. Dall’altra parte però non c’è la ragazza che si mostra nel profilo, ma una donna con un’altra identità, pronta ad inviare quel materiale alla compagna dell’uomo e a molti dei suoi conoscenti.
La coppia però non interrompe la realzione, denunciando anzi l’adescamento alle autorità, che danno il via così alle indagini e alle ricerche.

I pedinamenti

Furibonda, la donna alza il livello. Segue l’uomo e talvolta la coppia portandosi dietro il figlio e insieme pedinano per ore e poi fotografano gli spostamenti delle loro vittime. La coppia comincia così a notare di essere pedinata «da una donna matura e da un ragazzo più giovane»: lo segnalano alla polizia, che unisce i puntini e individua la responsabile.

Da qui il processo e la successiva condanna della donna che, per ragioni misteriose, non voleva ricattare le sue vittime, piuttosto ergersi a “vendicatrice” di uomini infedeli.