Ricostruiti i fatti

Travolto e ucciso per una borsa, in aula i testi del Pm

Gli avvocati di parte civile: "La vittima non aveva un coltello"

Travolto e ucciso per una borsa, in aula i testi del Pm

Si è svolta nella mattina di venerdì 7 novembre davanti alla Corte d’Assise di Lucca una nuova udienza del processo a carico di Cinzia Dal Pino, l’imprenditrice viareggina accusata di omicidio volontario pluriaggravato per la morte di Nourdine Mezgui, 52 anni, originario di Casablanca.

L’uomo aveva rubato la borsetta alla donna: poco dopo è stato travolto e ucciso dal Suv dell’imprenditrice nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2024, in via Coppino.

In aula sono stati ricostruiti gli ultimi istanti di vita di Nourdine, visionando le immagini delle telecamere di sorveglianza e attraverso gli accertamenti della Polizia Scientifica del Commissariato di Viareggio.

Gli esperti hanno smentito con decisione la versione di Dal Pino, che aveva sostenuto che l’uomo fosse armato di coltello e che si fosse sentita minacciata; la Scientifica ha chiarito che nessuna arma è mai stata trovata, né vi sono indizi che l’uomo ne avesse una.

Dalle indagini è emerso che dopo il furto della borsa, Nourdine si era allontanato a piedi lungo via Coppino, diretto verso il mare. Qualche minuto dopo, il suv bianco guidato da Dal Pino lo ha travolto, schiacciandolo contro un pilone.

Il medico legale Stefano Pierotti, sostiene che fu già letale il primo impatto, ma i filmati mostrano altri tre colpi successivi.

Sempre nei video si vede la donna che, dopo essere scesa per recuperare la borsasi allontana senza prestare soccorso, fermandosi solo lungo la strada per restituire un ombrello preso in prestito dal ristorante dove aveva cenato.

Il pubblico ministero Sara Polino ha ascoltato i primi testimoni, tra cui i coniugi che scoprirono il corpo dell’uomo sul marciapiede e chiamarono per primi il 118, e i sanitari che tentarono inutilmente di rianimarlo durante la corsa all’ospedale Versilia.

Secondo l’accusa, Dal Pino avrebbe agito per rabbia e vendetta, colpendo “a freddo” con un mezzo insidioso e per futili motivi.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Enrico Marzaduri, continua invece a sostenere che la donna non avesse intenzione di uccidere, ma fosse scossa e terrorizzata e mossa dall’intento di riprendersi la borsetta che conteneva documenti e chiavi di casa.

I familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Enrico Carboni e Gianmarco Romanini, si sono costituiti parte civile, chiedendo giustizia per un uomo che – come ricordano – “è morto per una borsetta”.

La prossima udienza è fissata per il 19 novembre: saranno ascoltati i consulenti tecnici e verranno analizzati in dettaglio i dati della scatola nera del veicolo, per ricostruire con precisione la dinamica di quella notte di pioggia in via Coppino.