Nessuna sorpresa dall’accertamento, voluto dalla vedova di Vinci, Vitalia Melis, convinta che la morte del primo sospettato di essere il mostro di Firenize, potesse essere stata una messa in scena e che l’uomo fosse ancora in vita.
A Montelupo è sepolto davvero Francesco Vinci
La conferma arriva dall’esame del Dna: i resti riesumati nel cimitero di Montelupo Fiorentino appartengono veramente a Francesco Vinci, figura chiave nella cosiddetta pista sarda per i delitti sul mostro di Firenze, conclusasi con un proscioglimento degli indagati.
La riesumazione e l’esame
La riesumazione di Vinci era stata ordinata nel settembre scorso dalle pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti per chiarire se si trattasse veramente del corpo dell’uomo trovato ucciso, incaprettato e carbonizzato nel bagagliaio di un’auto nell’agosto 1993, nella campagna nei pressi di Pisa carbonizzato assieme al suo servo pastore store Angelo Vargiu.
I resti sono stati poi esaminati all’istituto di medicina legale di Firenze, dagli esperti incaricati dalla procura, il medico legale Martina Focardi e il genetista Ugo Ricci, e da quelli nominati dalla vedova di Vinci, il genetista forense Eugenio D’Orio e il medico legale Aldo Allegrini.
L’altra pista
Insieme al fratello Salvatore, Francesco fu appunto al centro della cosiddetta pista sarda. Stefano Mele, marito della donna uccisa a Signa, puntò il dito sui due fratelli, amanti della moglie, ma alla fine fu condannato non solo per il duplice omicidio ma anche per aver calunniato i Vinci.
L’arma non fu ritrovata. Ma fu utilizzata nel 1974 in occasione dell’omicidio di Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo. Nel 1982 Vinci fu arrestato, sospettato appunto di essere il mostro.
Gli sviluppi dell’inchiesta
Ma mentre era in carcere, nel 1983 il killer delle coppiette tornò a uccidere, sparando contro due tedeschi a Giogoli. E per lui cadde ogni accusa. È comunque probabile che ora la Procura intenda confrontare il Dna di Vinci con alcuni campioni rilevati sui luoghi dove si verificarono i delitti.
C’è infatti un dna sconosciuto isolato in un pantalone delle vittime di Scopeti, dove avvenne l’ultimo efferato duplice omicidio, anche se quel profilo era già stato confrontato con quello prelevato a un altro membro della famiglia Vinci, il figlio di Salvatore.