Morte al penitenziario

Suicidio in carcere, la Camera Penale prende posizione

"All’interno del carcere vivono uomini e donne a cui devono essere garantite condizioni di vita dignitose e rieducazione"

Suicidio in carcere, la Camera Penale prende posizione

È il 74° suicidio in carcere dall’inizio dell’anno. Il primo a Pistoia da molto tempo. A distanza di più di 48 ore dal gesto estremo con cui un detenuto si è tolto la vita dietro le sbarre, arriva la presa di posizione della Camera Penale pistoiese: “L’esperienza pistoiese ci insegna come una buona amministrazione e condizioni di vita dignitose limitano i disagi dei detenuti, contengono gli atti di autolesionismo e i tentativi di auto-soppressione. La vita nel carcere di Pistoia non era forse l’ideale a cui ogni carcere deve ispirarsi, ma i dati statistici ci dicono che un numero di detenuti contenuto entro i limiti di legge consentiva di raggiungere obiettivi, quali la pacifica convivenza, lo svolgimento di attività didattiche e iniziative lavorative ed educative di vario genere. Già da questa estate, e nelle ultime settimane, il Garante dei Detenuti del carcere di Pistoia aveva denunciato condizioni di vita divenute insopportabili a causa del sovraffollamento che vedeva la Casa Circondariale di Pistoia ospitare un numero di detenuti eccessivo: eccessivo rispetto a una capienza compatibile coi principi affermati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, eccessivo rispetto a condizioni compatibili con la vita. Questo ci sentiamo di denunciare e di gridare oggi, al netto dei motivi che hanno portato un detenuto in custodia cautelare a togliersi la vita nella Casa Circondariale di Pistoia pochi giorni fa, motivi che non conosciamo e che forse non conosceremo mai. Ma quello che sappiamo è che la vita umana deve essere tutelata, all’esterno come all’interno delle mura di un carcere. Di fronte ai “buttate via la chiave” e ai “speriamo che marcisca in galera”, la Camera Penale di Pistoia si sente in dovere, oggi come sempre, di affermare a gran voce che i detenuti non rappresentano una casta di “paria”, ma che all’interno del carcere vivono uomini e donne a cui devono essere garantite condizioni di vita dignitose e aspettative di rieducazione e di rinascita”.