Alluvione a Prato, chiesto il rinvio a giudizio per politici e tecnici
11 imputati rischiano il processo, tra loro l'ex sindaco Biffoni

L'inchiesta sull’alluvione che il 2 novembre 2023 ha provocato ingenti danni e due vittime in provincia di Prato sta portando i primi risultati: alla fine di giugno i sostituti procuratori Alessia La Placa e Valentina Cosci hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’ex sindaco di Prato Matteo Biffoni, del sindaco di Montemurlo Simone Calamai, degli ex assessori di Prato Simone Faggi e Valerio Barberis, dell’assessora di Montemurlo Valentina Vespi, di un dirigente del Genio Civile, del direttore del IV Tronco di Autostrade per l’Italia e di quattro dipendenti comunali accusati a vario titolo di omicidio colposo e disastro colposo.
Il giudice per le indagini preliminari Marco Malerba ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo 19 novembre: si cercherà di dare risposta a due domande. L'immensa quantità di acqua che la sera del 2 novembre di due anni fa si è abbattuta su Prato e Montemurlo era prevedibile? Si potevano prendere precauzioni, negli anni precedenti, per limitare i danni e i morti?
Il processo è basato sulle perizie tecniche, disposte dalla Procura in quasi due anni di indagini e quelle che produrranno gli indagati (ora imputati) per confutare la tesi dell’accusa secondo la quale la bomba d’acqua si poteva prevedere.
Il cuore del procedimento è su quello che si poteva fare prima per imbrigliare i corsi d’acqua, come alle Fornaci di Figline, dove già nel 1992 la Bardena era uscita dagli argini in corrispondenza della tombatura dell’alveo per consentire al proprietario di un’abitazione di costruire una strada di accesso.
Le mancate difese sul torrente Bardena, come sostiene ancora la Procura, avrebbero provocato la morte di Antonio Tumolo, 84 anni, travolto con la sua auto dalla piena. La sua Mini fu trovata il giorno dopo a Galciana, a oltre tre chilometri da dove era stata portata via; il corpo fu ritrovato invece solo il 7 novembre in un vivaio a Iolo.
La mancata manutenzione del torrente Bagnolo, invece, avrebbero provocato la morte di Alfio Ciolini, 85 anni, annegato al piano terra della sua abitazione.
Lo scorso febbraio la Procura ha reso noto che gli indagati nell’inchiesta sull’alluvione erano 15. Dall’iniziale elenco sono stati eliminati quattro nomi, quelli di Alessandra Casali, dipendente del Comune di Montemurlo, Giuseppe D’Elia, dirigente della Società Autostrade, Iacopo Manetti e Nicola Giusti, dipendenti del Consorzio di bonifica Medio Valdarno.
Agli ultimi due si contestava di aver attestato falsamente la presenza del muro d’argine sul torrente Bagnolo.