"Ecco perché ho ucciso mia madre". San Giovanni Valdarno, la confessione choc di Giuseppina
Dopo le parole rese nella caserma dei Carabinieri, nei prossimi giorni l'interrogatorio di garanzia

Dopo aver ucciso la madre nella notte tra sabato 8 e domenica 9 marzo, Giuseppina Martin, si è sfogata a lungo nella caserma dei carabinieri di San Giovanni Valdarno.
Le "motivazioni" del gesto
"L'ho uccisa perché non ce la facevo più e non ho voluto chiedere aiuto: assisterla giorno e notte mi aveva sfibrato", avrebbe detto la donna per motivare l'omicidio della madre.
Ora la donna si trova nel carcere fiorentino di Sollicciano, in attesa dell'udienza di convalida davanti al Gip, che si svolgerà fra domani, martedì 11, e mercoledì 12 marzo nel corso del quale avrà modo di ribadire la sua versione.
Il trasferimento della madre nell'abitazione della figlia
Inizialmente, l'anziana era rimasta nella sua abitazione, sempre a San Giovanni, ma da quando le sofferenze si erano fatte più pesanti, la figlia l'aveva accolta nell'appartamento di via Fermi dove poi è avvenuto il delitto.
La 67enne valdarnese ha ripercorso i tratti salienti del delitto nel lungo interrogatorio davanti al Pm della procura di Arezzo Francesca Eva, che dirige le indagini dei carabinieri.
La donna ha spiegato che da tempo la madre aveva gravi problemi di salute. Non soltanto quelli di movimento che già erano emersi (la novantenne si muoveva soltanto col bastone o addirittura col deambulatore), ma anche di decadimento mentale, dovuti a una malattia senile.
I dettagli dell'omicidio
Sempre secondo il racconto della ex dipendente pubblica, la mamma accusava vuoti di memoria e di lucidità, spesso non ricordava il proprio nome e quello dei familiari. Negli ultimi tempi, gli acciacchi si erano aggravati. Tanto che, con il marito, erano costretti ad assisterla anche di notte, con conseguenti difficoltà per il sonno. Alla fine la figlia non avrebbe resistito, stringendo un foulard intorno al collo della madre mentre era ancora nel letto.
Giuseppina Martin si è disperata per il suo gesto, spiegando che credeva di potercela fare da sola, ma di essere stata sopraffatta dalla situazione.
Il precedente
Si tratta di un caso tragicamente simile a quello in cui uccise Alessandro Sacchi - anch'esso aretino - uccise la moglie Serenella Mugnai, pure lei affetta da una grave forma di Alzheimer che il marito da solo (non c'erano figli) non non riusciva a gestire, tanto da a impugnare la pistola e fare fuoco contro la moglie. Lui, con una recentissima sentenza della corte d'assise di Arezzo, se l'è cavata con una condanna a dieci anni.