Medicina d'urgenza a rischio? Se ne parlava già un anno fa...
L'approfondimento uscito già un anno fa sul settimanale locale Bisenziosette evidenziava un tema che ai tempi dell'epidemia fa riflettere alla luce di tutto quello che è successo.

Un anno fa Bisenziosette nel numero del 3 maggio 2019 pubblicava un approfondimento in cui si parlava della medicina d'urgenza a rischio a causa della mancanza di medici....
Oggi, nel bel mezzo della pandemia da coronavirus, il mondo della sanità pubblica sta riscuotendo sempre più consensi.
Medicina d'urgenza a rischio?
Tra pre pensionamenti e diminuzione di neolaureati che si affacciano al mondo della medicina d'urgenza quella della carenza di organico tra i camici bianchi del pronto soccorso sta diventando una vera e propria emergenza.
Una vera e propria emergenza nazionale se si considera che in quattro anni, tra il 2018 (appena trascorso che ha già portato a molti pensionamenti) e il 2022 andranno in pensione tra i 6 e i 7mila medici ospedalieri ogni anno, entro il 2025 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 52.000 camici bianchi. La situazione sarà ancora peggiore a dieci anni. Nel 2028, infatti, saranno andati in pensione 33.392 medici di base e 47.284 medici ospedalieri, per un totale di 80.676.
Il focus toscano
Un bollettino di guerra per la sanità nazionale, che riguarda anche la Toscana. In questo caso a lanciare un grido d'allarme in questo momento è la medicina d'urgenza.
Lo è in tutti i pronto soccorso della Toscana tanto che la Regione stessa sta correndo ai ripari con un piano che nel minor tempo possibile porti a un incremento di medici nei pronti soccorso di tutta la Toscana.
Un piano più articolato rispetto alle soluzioni che forse si stanno prendendo in altre regioni dove si stanno richiamando medici in pensione ai quali viene dato una specie di gettone a presenza a seconda del loro impegno al pronto soccorso.
La Toscana però ha voluto realizzare un progetto che vada più a fondo del problema e che, se sicuramente richiederà più tempo, potrebbe andare a rendere un po' di respiro a quei reparti come appunto la medicina d'urgenza in questo momento così risicati di personale.
Un piano che si divide in due fasi redatto per la maggior parte da Simone Magazzini, responsabile del pronto soccorso dell'ospedale di Prato, ma anche direttore del dipartimento aziendale di emergenza e area critica.
Una prima fase di reperimento del personale, una seconda fase di valorizzazione del personale presente.
Incentivare quindi la richiesta di inserimento lavorativo al pronto soccorso. Come? Inserendo all'interno di alcuni concorsi per dirigenti medici la clausola di almeno due anni di lavoro all'interno del pronto soccorso. Al tempo stesso la creazione di un vero e proprio percorso formativo regionale della durata di due anni all'interno della medicina d'urgenza con un contratto libero professionale di formazione e lavoro per tutti i neolaureati che ne prenderanno parte.
C'è poi la seconda fase del progetto che riguarda invece la valorizzazione del lavoro nel pronto soccorso attraverso somme che vadano a inserirsi in una progettualità a sostegno della professionalità del personale del pronto soccorso. Somme che, per tutto il perdurare della crisi dei medici in pronto soccorso, la Regione si impegna a mettere a disposizione delle aziende sanitarie toscane attraverso attribuzioni a valere sul fondo indistinto.
L'appello dei medici di famiglia
Tra i motivi della sempre maggior carenza di medici in pronto soccorso quello di cui si parla sempre più spesso è la mancanza di una libera professione nella medicina d'urgenza che rende sempre meno appetibile il posto di lavoro rispetto ad altri all'interno della medicina.
Fa riflettere però il fatto che nell'ultimo anno l'allarme lanciato dalla medicina d'urgenza per la carenza di medici in realtà non sia l'unico.
Anzi forse il primo tra tutti è arrivato proprio dalla libera professione per eccellenza, ovvero dai medici di base.
Bisenziosette già lo scorso anno aveva trattato il problema con alcune interviste a medici di base e al loro sindacato che aveva spiegato che in tre anni (dal 2018 al 2020) andranno in pensione circa la metà dei medici di base in molte città e non c’è per adesso un ricambio di dottori.
Il rischio paralisi per i medici di famiglia c’è ed è concreto in tutta Italia, non solo nella provincia di Prato o nella piana fiorentina, dove comunque si farà sentire da qui al 2020.
Le cause erano state esaminate insieme a Alessandro Benelli, segretario provinciale della Fimmg, il sindacato dei medici di base e sono ancora oggi le stesse.
I grossi cambiamenti che hanno portato a questa situazione di rischio paralisi anche nel mondo della medicina di base sono stati principalmente due secondo i medici stessi: mettere a numero chiuso le università di medicina e istituire un corso di formazione in medicina generale che prevede costi elevati.
Due cose che fino a qualche anno fa non c’erano, risultato: prima si avevano molti più medici di base di ora e quindi non ci sarà abbastanza ricambio generazionale da qui a tre anni per sopperire a tutte le mancanze di chi andrà in pensione.
Quello per cui adesso quindi si stanno battendo anche i sindacati dei medici di base infondo sono le stesse cose che si chiedono per la medicina di urgenza: finanziare borse di studio, cambiare le modalità di accesso all’Università e soprattutto e prima di tutto fare un’azione di programmazione decisa che miri a portare a un incremento dei medici. Che siano d base, d'urgenza o di tutto ciò che riguarda il sistema sanitario nazionale.